Arrampicare, una cosa di cui tempo fa
non avrei neanche potuto sentir parlare visto che avevo le vertigini già in
piedi su una sedia. E invece eccomi qua, sulla Ferrata Millnatzenklamm insieme a Jan e Giovanna (detta Nedda).
Iniziamo bene, ancora prima di partire mi devo mangiare una barretta di
zuccheri perché “non mi sento mica tanto bene”, forse perché continuo a pensare
ai racconti che Nedda mi ha fatto poco prima per “tranquilizzarmi”: “Ma sì guarda
è una cavolata, praticamente cammini su un cavo d’acciaio sospeso per aria e ti
tieni con le mani così” (scenetta di lei sul cavo traballante, mentre Jan le
consiglia di smetterla perché mi sta solo spaventando, invano), “Poi non
preoccuparti eh, anche se cadi sei legata e non vai giù più di 5 metri” Cosa???
Mi sa che rimango sotto a guardare!!!
E invece, dopo pausa pipì da
eccitazione e quarto d’ora attaccata alla borraccia (che mi ricorda tanto la
tettina calmante della mamma) ecco che mi accingo a fare i miei primi passi con
tanto di imbragatura, casco, moschettoni e guanti dell’orto (Nedda sostiene che
vadano benissimo…e infatti erano una figata!). Proseguo con la velocità di un
bradipo, mentre Giovanna, alla sua seconda volta, è già come una gazzella ed è
talmente avanti che non si vede più. Jan, dietro di me, fa le foto mentre mi dà
consigli su come muovermi e mi aspetta con pazienza ammirevole. Cominciamo la
salita sulla roccia che affianca una bellissima cascata, va tutto “bene” fino
al pezzetto C, dove quasi mi viene un attacco di panico perché non so più come
mettere mani e piedi e ho l’idea “eccezionale” di guardare giù. Ossantocielo
siamo appesi su un muro a strapiombo sulla cascata!!! Mi comincia a girare la
testa, mi rigiro veloce verso il muro e comincio un mantra: “Non guardare mai
più giù! Non guardare mai più giù! Non guardare mai più giù!” e poi uno in
dialetto austriaco “Jasmine, reiß die zamm!” (tipo “datti una calmata e vai
avanti!”). Jan mi ricorda che è da un po’ che non respiro. “Ah grazie, me ne
ero dimenticata…Ma, mica che poi ce la dobbiamo fare anche in discesa ‘sta
cosa, vero?!...” Con l’aiuto dell’esperto (mano sulla chiappa) e nonostante le
gambe che mi tremano, riesco in qualche modo a superare la crisi ed arrivare in
territorio sicuro (= un pezzo piano).
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzkUvchRTOoEIzZ_fziurn8Gvwzlkprr05HUFNiPRpNuJJA3QZiUysrVsmzRijWnlLiP5Wj9KDsc8_dESje5kUNYnpXzEOxNh7W5kvCQBCeLHyTFWJttXoyXDXpg8b2tIRZiDFM5Az6ZA/s1600/DSC05806.JPG)
Poi ancora due salite, un paio di pause
(dove marito e moglie conversano allegramente in latino dei fiori che notano
qua e là, mentre io dall’agitazione non riesco neanche a sedermi e riposare), due
cavi, la firma sul libro dei visitatori incastonato nella roccia e finalmente
arriviamo alla fine!!! Ci sbaciucchiamo tutti sudati e ci facciamo i
complimenti per avercela fatta (fiù!). Non vedo l’ora di togliermi gli occhiali
e manco a farlo apposta, comincio ad inciampare ovunque. Ma ormai non posso
cadere più di un metro e mezzo e quindi mi godo la discesa con gli altri sensi.
Un grazie speciale va ai miei due compagni di viaggio Giovanna e Jan, che sono
stati dei grandi a portarmi lassù!
Morale della storia per uomini un po’
bruttini, un po’ sfigati, che non combinano tanto con le donne…:
Mai mollare! Una soluzione c’è
sempre!!! Andate a fare la guida alpina, le donne VI PREGHERANNO di toccarle!
Dovete solo aspettare che vadano un po’ nel panico su una ferratina e tac! Mano
sul culetto e spintarella. E loro non sapranno come ringraziarvi, ma voi
un’idea ce l’avrete…
Morale della morale per donne scalatrici
inesperte:
Sperate che la guida sia un figo, o
una donna.
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